di Emanuela Notari
Dà una certa soddisfazione parlare di longevità con le donne. E’ come se conoscessero il tema, se ne avessero già parlato tra loro, non tanto tra l’una e l’altra, quanto tra sé e sé: risuona nel loro essere. Guardare al lungo termine, declinandone pro e contro, usare il pensiero previdente, sembra venir loro più facile. Molte volte mi sono trovata a dire: per forza, la cura degli anziani fragili è più in mano alle donne che agli uomini, quindi le donne hanno già visto nei loro cari longevi la dimensione del bello e del brutto di vivere così a lungo.
Hanno già capito come le loro case riservino sorprese nel lungo termine: tanto amate durante la vita, quando si raggiungono gli 80 o i 90 anni si scoprono inadeguate a offrire comfort e sicurezza a inquilini molto anziani e le figlie o le nipoti, se potessero, ci metterebbero mano loro stesse: abbassare i pensili e alzare le prese elettriche, eliminare i tappeti e trasformare le vasche in docce, con sedile e maniglia; poi qualche luce in più qui e là e, in molti casi, un montascale. Non ultimo un videocitofono, per evitare che si trovino la gente in casa a circuirli. Quando qualche anno fa con A.L.I. Active Longevity Planning abbiamo fatto una survey sulla percezione della propria casa in ottica di longevità, le donne sono quelle che hanno manifestato interesse nei senior living: se la casa non si può adattare, forse si può vendere e cambiare stile di vita. Socialità e sicurezza per le donne hanno il loro peso.
Le donne hanno anche capito che non è vero che la vita in pensione è più economica, almeno non più, almeno non se devi scavallare i 90 anni. Sanno quanto costa oggi curarsi se non si ha il tempo o il margine di spensieratezza per attendere il proprio turno. Tra visite specialistiche e fisioterapia riabilitativa, noleggio di sedie a rotelle e deambulatori, infermieri, massaggiatori, integratori non mutuabili, i flussi in uscita sono infiniti.
Mentre aiutano i loro anziani tutti i giorni a districarsi tra questo e quello, le donne riflettono, considerano, confrontano. Avremo noi gli stessi redditi e gli stessi risparmi da parte per tutto questo, quando sarà il nostro turno? Le donne no di certo. Mediamente l’altra metà del cielo matura redditi previdenziali del 37% inferiori a quelli di un uomo, dopo aver guadagnato meno per tutta la vita. Non tanto per la penalizzazione del salary gap, che pure esiste, ma per aver dovuto interrompere più volte la propria storia lavorativa, rinunciando o perdendosi le “occasioni” di carriera.
Il 37% in meno della pensione di papà sarebbe… No, non esattamente. Papà ha avuto una pensione retributiva, io ne avrò una contributiva. C’è già un 20% di differenza più quel 37%, … meglio non confrontarsi con papà.
No, non potremo contare sugli stessi redditi né sugli stessi risparmi. E allora, tra una commissione e l’altra maturiamo la consapevolezza che invecchiare così a lungo di questi tempi è cosa complessa che richiede di pensarci prima. E cominciamo a mettere un’etichetta a ogni gruzzolo di risparmio: questo per gli studi superiori di Lorenzo, questo per quando io sarò in pensione e questo per l’anticipo dell’appartamento di Laura, che prima o poi dovrà lasciare il suo monolocale. E poi appena possibile una polizza Long Term Care, per quando dovessi essere io a perdere la mia autonomia. Non voglio mica pesare sul bilancio dei miei figli…
Sì, la pianificazione della longevità è donna.